Pubblicato il: 04/12/2024
E, proprio quando le cose si complicano e la convivenza sotto lo stesso tetto diventa assai difficile – se non impossibile – alcune domande sorgono spontanee: la moglie può cacciare di casa il marito prima che il magistrato abbia emesso la sentenza di separazione? E, se il marito è sbattuto fuori dalla porta della casa coniugale, in che modo può tutelare i suoi diritti se ancora si è in una fase pre-separazione?
Si tratta di quesiti frequentissimi nel caso la coppia abbia prole. Ricordiamo infatti che – nella separazione – il giudice deve indicare con chi continueranno a vivere i figli e, nella prassi, quasi sempre è la madre la figura affidataria di questi ultimi, specialmente se ancora piccoli o piccolissimi.
Anzi, l’assegnazione della casa familiare è un tema essenziale nell'articolato scenario delle separazioni e dei divorzi, attenendo alla protezione dei minorenni in quanto membri della famiglia. Nella prassi dei tribunali – lo rimarchiamo – l'abitazione è assegnata in prevalenza al genitore che ottiene il c.d. collocamento dei figli, e questo per la finalità di assicurare loro continuità e stabilità nell’ambiente domestico. In altre parole, il magistrato – nel decidere a chi dare la casa coniugale – valuterà in primis il benessere dei figli e la necessità di mantenere il precedente contesto di vita, anche in considerazione dello choc che la separazione può comportare nella psiche di un giovanissimo.
Tuttavia la madre non può anticipare i tempi delle procedure. Pur essendo ragionevolmente convinta di divenire collocataria dei figli con la separazione – e destinataria dell'immobile – la moglie non può, infatti, scavalcare le determinazioni del giudice. La donna non può cioè farsi “giustizia da sé”, perché ad esempio in preda ad uno stato d'ira dovuto alla scoperta di un tradimento. Esclusivamente il magistrato avrà, infatti, il potere di decretare la sospensione dei doveri coniugali, con il conseguente allontanamento di uno dei due coniugi dalla casa familiare.
C'è poi un aspetto molto importante da considerare: indipendentemente da chi abbia la titolarità del diritto di proprietà sull'immobile (marito o moglie), ciascuno dei coniugi conserverà il diritto a vivere nella casa coniugale fino a che un provvedimento giudiziario non stabilisca il contrario. Come accennato, non sarà possibile cacciare il marito (o la moglie), ma soltanto chiederne l'allontanamento al giudice.
Non solo. La giurisprudenza della Suprema Corte ha ribadito la possibilità di denunciare alle forze dell'ordine la moglie da cui si viene cacciati di casa. Pensiamo ad esempio al caso di chi – prima della separazione – cambia la serratura dell'abitazione, per evitare che il coniuge vi rientri. Ebbene, in tali circostanze questa persona – come indica la sentenza della Cassazione n. 25626 del 2016 – sarà ritenuta responsabile del reato di violenza privata. E oltre al danno anche la beffa, perché la moglie potrebbe dover subire anche le conseguenze della c.d. azione civilistica di reintegrazione del possesso, di cui all'art. 1168 del c.c.. In sostanza, il marito potrebbe contare sul provvedimento giudiziario che ordina il reintegro e – quindi – il ritorno in casa nonostante la contraria volontà della moglie.
Concludendo, salvo il particolare caso delle violenze fisiche – che legittima la donna a non aprire più la porta al marito in via di autotutela urgente e prima della sentenza di separazione – la moglie, per non rischiare guai con la giustizia, dovrà fare comunque ricorso al giudice. In tribunale sarà possibile domandare la separazione e, contestualmente, l’assegnazione della casa coniugale. La presenza di figli minori, maggiorenni non ancora autonomi o con disabilità avrà, però, un rilievo chiave per vedersi assegnato l'immobile dal magistrato.
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