Pubblicato il: 14/08/2025
Non si tratta, però, di un beneficio esteso a tutti: la misura è pensata esclusivamente per chi attiva una delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), lo strumento normativo che dal 2022 ha sostituito la "vecchia" Legge fallimentare.
Rate, sconti e accordi: cosa cambia davvero
Fino a oggi, il principio dell’indisponibilità del credito tributario impediva agli enti locali di porre in essere qualsivoglia trattativa con i contribuenti morosi. Anche quando era chiaro che il debito non sarebbe stato recuperato integralmente, i Comuni non potevano concedere dilazioni o riduzioni, al contrario di quanto già accadeva per IVA, IRPEF, IRES, IRAP e imposta di registro. La nuova legge delega abbatte questo ostacolo: se un’impresa dimostra di essere in crisi e avvia le procedure previste dal CCII, potrà proporre all’ente impositore un piano di pagamento spalmato su più rate o una riduzione dell’importo dovuto.
Come funziona in concreto
Il meccanismo si inserisce nelle forme di transazione fiscale e di accordo sui debiti previste dagli articoli 23, 63, 64 bis, 88, 245 e 284 bis del CCII.
In altre parole, nel corso di una composizione negoziata della crisi o di un concordato, sarà possibile includere nel piano di rientro anche i tributi locali.
L’importanza della novità
La modifica non ha una rilevanza squisitamente tecnica e giuridica, ma anche culturale. Essa, infatti, riconosce implicitamente che, in determinate circostanze, recuperare una parte del credito è preferibile a non recuperare nulla e che aiutare un’impresa in temporanea difficoltà può contribuire a salvare posti di lavoro. In più, questo intervento normativo va a uniformare le regole tra tributi statali e locali, eliminando una disparità che, negli ultimi anni, aveva creato più di un problema interpretativo.
Cosa manca per renderla operativa
La legge delega fissa i principi, ma serviranno i decreti attuativi per definire criteri, limiti e modalità di accesso alla rateizzazione o al pagamento parziale. Il Governo ha tempo fino al 29 agosto 2026 per emanare i testi definitivi, con ulteriori due anni a disposizione per eventuali interventi correttivi. Fino a quel momento, dunque, permane la disciplina vigente.
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