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Vendere un immobile, da oggi puoi farlo anche con una falsa dichiarazione catastale, rischia chi compra: nuova sentenza

Pubblicato il: 24/10/2025

La Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione ha emesso una pronuncia destinata a far discutere nel mondo del diritto immobiliare. La sentenza 27531 del 15 ottobre 2025 stabilisce un principio che potrebbe sembrare paradossale: la validità di un atto di compravendita immobiliare non dipende dalla reale conformità catastale dell'immobile, ma esclusivamente dalla presenza nell'atto di una dichiarazione o attestazione di tale conformità. In altre parole, anche se questa dichiarazione risulta falsa, il contratto non è nullo, a meno che la falsità non sia talmente palese da essere riconoscibile persino da un soggetto inesperto.
Il caso nasce da un ricorso presentato da un promissario acquirente contro una decisione della Corte d'Appello che aveva bloccato il trasferimento dell'immobile proprio a causa di incongruenze nei dati catastali. La Cassazione ha accolto il ricorso, ribaltando completamente l'orientamento precedente e aprendo scenari inediti per venditori e acquirenti. Questo nuovo indirizzo interpretativo si basa sull'articolo 29, comma 1-bis, della legge 52/1985, come modificato dall'articolo 19, comma 14, del decreto-legge 78/2010. Secondo i giudici, la norma impone solo un requisito formale: la presenza della dichiarazione nell'atto notarile, senza che sia necessario verificarne la veridicità effettiva.
Nullità formale contro nullità sostanziale: il nodo giuridico
La Cassazione ha voluto tracciare una linea netta nella distinzione tra nullità formale e nullità sostanziale, inquadrando la sanzione prevista dalla legge 52/1985 come un caso di nullità puramente formale e testuale, secondo quanto previsto dall'art. 1418 del c.c.. Ciò significa che l'atto risulta nullo soltanto quando manca completamente la dichiarazione o l'attestazione di conformità catastale, non quando il contenuto di tale dichiarazione è falso o inesatto.
I supremi giudici hanno chiarito che l'obiettivo della norma è di natura fiscale: la legge è stata concepita per far emergere gli immobili non censiti, i cosiddetti "immobili fantasma", e le difformità catastali che possono comportare una perdita di gettito per l'erario. La sanzione della nullità colpisce quindi solo l'assenza formale della dichiarazione, non la sua corrispondenza alla realtà. Questa impostazione permette al contratto di restare valido anche quando l'immobile non corrisponde alla planimetria depositata in catasto o quando la rendita catastale indicata è errata, purché il venditore abbia inserito nell'atto la dichiarazione richiesta.
Questo principio si applica anche nei casi in cui l'acquirente chieda al giudice l'esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare, secondo l'art. 2932 del c.c.. Il giudice deve verificare che la dichiarazione sia presente al momento della decisione, ma non è tenuto ad accertare che la conformità sia reale e corrispondente allo stato effettivo dell'immobile.
Le conseguenze di una dichiarazione mendace
La decisione della Cassazione pone un interrogativo fondamentale: cosa accade quando la dichiarazione di conformità catastale è palesemente falsa? Secondo l'interpretazione fornita dai giudici, il contratto di compravendita resta pienamente valido ed efficace. Non si configura la nullità dell'atto, che è la sanzione più grave nel diritto civile, quella che rende l'atto come mai esistito. La validità del trasferimento immobiliare rimane quindi intatta, anche di fronte a una dichiarazione mendace rilasciata dal venditore o dal tecnico incaricato.
Questa scelta interpretativa solleva seri dubbi sulla tutela effettiva dell'acquirente, che si affida in buona fede a quanto dichiarato nell'atto notarile e potrebbe ritrovarsi proprietario di un immobile con caratteristiche diverse da quelle documentate ufficialmente. Le conseguenze, per chi ha dichiarato il falso, non toccano la validità dell'atto ma si limitano ad altre sfere: il venditore o il tecnico possono essere chiamati a risarcire i danni alla controparte e rischiano sanzioni tributarie. Nei casi più gravi, potrebbe anche configurarsi il reato di falso ideologico, ma tutto ciò non intacca minimamente l'efficacia del trasferimento di proprietà già perfezionato.
L'acquirente che scopre la difformità si trova, quindi, in una posizione svantaggiata: non può chiedere la nullità del contratto e annullare l'operazione, ma deve intraprendere un'azione giudiziaria per ottenere un risarcimento, con tutti i tempi, i costi e le incertezze che questo comporta. Dovrà dimostrare la falsità della dichiarazione e la malafede del venditore, un percorso tutt'altro che semplice e immediato.
Chi rischia di più: acquirenti nel mirino di un sistema sbilanciato
La finalità dichiarata della legge 52/1985, come modificata dal decreto-legge 78/2010, non era quella di rendere impossibile la vendita di immobili con irregolarità catastali, ma piuttosto di creare uno strumento fiscale per far emergere fabbricati non dichiarati o con planimetrie errate nel catasto. L'obiettivo era aumentare la trasparenza del patrimonio immobiliare italiano e contrastare l'evasione fiscale collegata agli immobili fantasma.
Tuttavia, l'applicazione concreta di questo principio, come delineato dalla Cassazione, rischia di creare un clima di incertezza e di potenziale frode nel mercato immobiliare. L'onere di verificare la reale conformità catastale dell'immobile ricade quasi interamente sulle spalle dell'acquirente, che deve affidarsi a professionisti qualificati per controlli che la legge stessa non impone al giudice in fase di rogito. Salvo il caso di una falsità talmente evidente da essere riconoscibile anche a un occhio inesperto, l'acquirente deve agire successivamente per ottenere un risarcimento, affrontando tempi e costi processuali significativi.
Per il venditore, invece, la situazione è decisamente più favorevole: una volta perfezionata la vendita, è esposto soltanto al rischio di un'azione risarcitoria successiva, mentre il contratto rimane valido e l'immobile è stato trasferito. La Corte di Cassazione, pur riconoscendo che chi dichiara il falso può incorrere in responsabilità civile e penale, ha confermato che la nullità dell'atto non si applica quando la dichiarazione è presente, anche se mendace.
Questo orientamento giurisprudenziale favorisce una circolazione degli immobili che potrebbe includere anche quelli con gravi difformità catastali, scaricando il peso della verifica e il rischio economico principalmente sull'acquirente. Un approccio che premia il rispetto formale della norma ma lascia ampi margini di manovra per comportamenti poco trasparenti, minando potenzialmente la fiducia nel mercato immobiliare e trasformando l'acquisto di casa in un'operazione che richiede attenzione e verifiche ancora più rigorose rispetto al passato.


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