Written by 6:45 am Views: [tptn_views]

Visita fiscale INPS, il datore di lavoro può contestare il tuo certificato medico: ecco cosa puoi fare e tutti i rischi

Pubblicato il: 15/05/2025

Quando un lavoratore si assenta per malattia, la prima azione necessaria è recarsi dal proprio medico curante per ottenere un certificato che giustifichi l’assenza e che, in formato telematico, verrà trasmesso all’INPS e al datore di lavoro. Questo documento, tuttavia, pur attestando uno stato di salute che impedisce temporaneamente lo svolgimento dell’attività lavorativa, non ha un valore assoluto.

Il certificato del medico curante: valore e limiti
Il certificato rilasciato dal medico di base, dalla guardia medica o da uno specialista costituisce la prima prova dello stato di malattia del dipendente. Tuttavia, non rappresenta una verità assoluta: la sua validità, infatti, può essere messa in discussione, soprattutto qualora sorgano dubbi sulla reale incapacità lavorativa.
La legge consente al datore di lavoro di attivarsi per accertare l’autenticità della malattia dichiarata dal lavoratore, ricorrendo a due strumenti principali:

  • richiedere una visita fiscale all’INPS;
  • avviare indagini private (avvalendosi del contributo di investigatori) per accertare eventuali condotte incongruenti con lo stato dichiarato (come lo svolgimento di attività sportive, sociali o lavorative incompatibili).

Chi effettua i controlli? Il ruolo del medico fiscale INPS
La verifica dello stato di malattia spetta esclusivamente ai medici fiscali incaricati dall’INPS. Tali figure, disciplinate dall’art. 5 dello st. lav. (Legge 300/1970) e dall’art. 55 septies del T.U.P.I., operano in qualità di pubblici ufficiali e sono autorizzate a valutare:
  • la presenza effettiva di una patologia invalidante;
  • la congruità della prognosi rispetto alla patologia riscontrata.
In base alla normativa vigente e alla giurisprudenza consolidata, il medico fiscale ha piena facoltà di confermare, ridurre o negare la prognosi indicata nel certificato del medico curante. Qualora, ad esempio, il medico dell’INPS rilevi l’assenza di sintomi invalidanti, può dichiarare il lavoratore idoneo alla ripresa dell’attività lavorativa.
Secondo la Risoluzione n. 7/2006 dell’Agenzia delle Entrate, il medico fiscale:
  • può ridurre la prognosi ritenuta eccessiva;
  • può confermare la diagnosi del medico curante;
  • può dichiarare il lavoratore idoneo al lavoro, se non riscontra patologie in atto.
Valore probatorio del certificato del medico curante e del referto fiscale
Il certificato del medico curante ha, sì, valore di prova dell’infermità, ma non è inoppugnabile e fa fede fino a prova contraria. Il referto del medico fiscale, in quanto atto pubblico, ha fede privilegiata solo per i fatti obiettivamente riscontrati (es. presenza o assenza del lavoratore all’indirizzo dichiarato), ma non per le valutazioni sanitarie, che restano contestabili in sede giudiziaria.

Conseguenze per il lavoratore in caso di giudizio negativo
Se il referto del medico fiscale non conferma lo stato di malattia, scattano conseguenze rilevanti:

  • l’indennità di malattia può essere interrotta;
  • l’assenza può essere ritenuta ingiustificata;
  • il lavoratore è obbligato a riprendere servizio nella data indicata dal medico INPS.
Tuttavia, il dipendente ha diritto di contestare l’esito della visita: deve farlo immediatamente, dichiarando la propria opposizione al medico, che annoterà la riserva sul referto. In tal caso, la valutazione definitiva è rimessa al coordinatore sanitario della sede INPS competente (art. 6, D.M. 15 luglio 1986).

Ricorsi e tutela giudiziaria
In caso di mancata erogazione dell’indennità o contestazioni disciplinari, il lavoratore può:

  • presentare ricorso amministrativo all’INPS;
  • in caso di esito negativo, ricorrere al Giudice del Lavoro.
Nel processo, il giudice valuterà liberamente le prove, potendo nominare anche un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), il quale potrà accertare retroattivamente lo stato di salute del lavoratore.
È fondamentale ricordare che l’onere della prova della malattia spetta al lavoratore (Tribunale di Milano, sent. n. 3435/2024).

Indagini private: cosa può fare il datore di lavoro
Anche se il controllo sanitario è riservato ai medici dell’INPS, il datore non è privo di strumenti. Secondo la Cassazione (sent. 25162/2014), egli può ricorrere ad agenzie investigative per accertare fatti incompatibili con l’infermità dichiarata, come lo svolgimento di attività lavorative o ricreative non compatibili con la patologia.
Anche in presenza di un esito positivo della visita fiscale, il datore di lavoro può contestare l’affidabilità del certificato medico.

Il medico competente (ex “medico del lavoro”): cosa può e cosa non può fare
Spesso si genera confusione tra il medico fiscale e il medico competente dell’azienda (impropriamente detto “medico del lavoro”). Quest’ultimo, nominato dal datore di lavoro, ha funzioni specifiche legate alla sorveglianza sanitaria e alla prevenzione nei luoghi di lavoro.
Il medico competente:

  • non può effettuare visite domiciliari ai dipendenti in malattia;
  • non può accertare la sussistenza di patologie comuni;
  • si occupa esclusivamente di valutare l’idoneità alla mansione, in relazione ai rischi professionali.
È dunque escluso dalla gestione dell’assenza per malattia, che rimane di competenza esclusiva dell’INPS.

Il medico del lavoro può mettere in dubbio il certificato di malattia del dipendente?
Il medico competente dell’azienda non ha alcun potere legale per invalidare, modificare o revocare il certificato redatto dal medico curante. La sua valutazione, infatti, ha esclusivamente natura tecnica e non produce effetti vincolanti né per il lavoratore, né per l’INPS, né in ambito giudiziario.
Tuttavia, il medico del lavoro può comunque esprimere considerazioni critiche in merito. Ad esempio, può ritenere che la patologia indicata non impedisca di svolgere la mansione assegnata, oppure considerare sproporzionata la durata della prognosi rispetto alla diagnosi formulata. Tali osservazioni, però, non impongono conseguenze automatiche per il lavoratore: il medico competente non può obbligarlo a rientrare in servizio se il certificato del medico curante giustifica ancora l’assenza.

Chi può effettivamente contestare il certificato medico?
A poter contestare formalmente un certificato di malattia non è il medico del lavoro, ma il datore di lavoro. Quest’ultimo dispone di due principali modalità per sollevare dubbi circa la legittimità dell’assenza per malattia:

  • raccolta di prove concrete, nel rispetto della privacy, che dimostrino comportamenti del dipendente incompatibili con lo stato di malattia (come svolgere attività lavorative fisicamente impegnative o praticare sport agonistici);
  • azione legale presso il giudice del lavoro, impugnando il certificato con il supporto di documentazione medica alternativa, perizie, relazioni del medico competente o rapporti di investigatori privati autorizzati.
Il parere del medico competente può essere usato contro il lavoratore?
Sì, come parte del materiale probatorio da esibire in giudizio. Ad esempio, se il medico competente ha valutato il lavoratore come idoneo alla mansione e tale valutazione appare in contrasto con la successiva certificazione di malattia, il giudice potrà tenerne conto.
Naturalmente, l’onere di dimostrare la non veridicità o l’eccessività del certificato ricade interamente sul datore di lavoro. La giurisprudenza conferma che tale prova non può basarsi esclusivamente sull’opinione del medico competente, ma deve essere supportata da altri elementi, come visite fiscali o ulteriori accertamenti (Corte d’Appello di Milano, sent. n. 259 del 4 aprile 2024).

Che succede in caso di pareri medici contrastanti?
Non è raro che il medico curante, il medico fiscale dell’INPS e il medico competente formulino valutazioni tra loro contrastanti. Ad esempio, può capitare che il medico di base prescriva 10 giorni di malattia, mentre il medico fiscale ne riconosca solo 5 e il medico competente abbia appena giudicato il lavoratore idoneo al lavoro.
In simili circostanze, in caso di controversia giudiziale, spetterà al Giudice del Lavoro stabilire quale certificazione prevalga. Il giudice procederà a una valutazione comparativa dei vari pareri medici, tenendo conto delle motivazioni cliniche sottese e di eventuali ulteriori prove, come documentazione specialistica, testimonianze o accertamenti di parte.
Quando il quadro medico non è chiaro o appare particolarmente complesso, il giudice può nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) per esprimere una valutazione oggettiva sulla reale condizione clinica del lavoratore e sull’adeguatezza della prognosi.


Vai alla Fonte [mc4wp_form id="5878"]
Close