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Licenziato perché maltrattava la moglie, per la Cassazione licenziamento legittimo: confermata la sanzione disciplinare

Pubblicato il: 07/01/2025

Quando si tratta di lotta alla violenza contro le donne, ogni decisione che dia un segnale è importante. Per questo è stata accolta positivamente una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, che ha confermato il licenziamento per giusta causa ad un uomo condannato per il reato di maltrattamenti nei confronti della moglie.
La sentenza in questione è la n. 31866/24. Ma vediamo più nel dettaglio la vicenda.

Nel caso portato all'attenzione della Corte di Roma, un autista di bus era stato licenziato dall'azienda in cui lavorava a seguito di condanna irrevocabile ricevuta in sede penale e, in particolare, per aver commesso maltrattamenti nei confronti della coniuge.
Pur trattandosi di condotte avvenute al di fuori dell'ambiente lavorativo, il datore di lavoro, considerata la gravità delle stesse, le ha ritenute lesive del vincolo fiduciario caratterizzante il rapporto di lavoro. I giudici di legittimità hanno confermato la valutazione dell'azienda, in quanto hanno ritenuto che il comportamento dell’uomo, benché realizzatosi nella sfera privata, fosse incompatibile con un lavoro a contatto con il pubblico. E ciò, in particolare, considerando le mansioni del soggetto, conducente di mezzo pubblico.
In base al ruolo dallo stesso svolto, infatti, è richiesta capacità di gestire lo stress, di interagire con le persone in modo rispettoso e, soprattutto, è necessario possedere autocontrollo anche nelle situazioni più difficili, caratteristica di cui il lavoratore era evidentemente sprovvisto, alla luce degli accadimenti.

Si tratta di un'importante pronuncia, che sancisce la rilevanza, nell'ambiente lavorativo, dei comportamenti che avvengono invece nella sfera privata di un soggetto, i quali, se connotati da particolare gravità, come in questo caso, non possono che assumere un peso. E ciò, appunto, anche in base al ruolo ricoperto dal lavoratore. Difatti, ruoli di maggiore spicco all'interno di un'azienda o attività che portano a diretto contatto col pubblico richiedono, naturalmente, che sia mantenuto un determinato profilo, non potendosi immaginare che determinate condotte, solo perché non avvenute sul luogo di lavoro, non influiscano sul rapporto stesso.
Ed è per questo che l'autista, protagonista della vicenda arrivata sino in Cassazione, in seguito alla condanna in sede penale per i reati commessi a danno della moglie, si è visto irrogare anche la massima sanzione disciplinare, ossia il licenziamento per giusta causa.

Come abbiamo detto, la pronuncia è di grande portata, e costituisce un ulteriore deterrente, sempre necessario, ai comportamenti di violenza contro le donne. È giusto che, in situazioni così gravi, ciò che accade tra le mura domestiche non sia confinato alle stesse, ed è importante il messaggio che chi si rende colpevole di comportamenti così gravi possa rischiare anche il posto di lavoro. Parimenti, è importante ricordare, specialmente per chi svolge determinate mansioni, che, anche una volta terminato l'orario lavorativo, è opportuno non assumere atteggiamenti che possano ledere l'immagine del datore di lavoro o che siano comunque tali da ledere il vincolo fiduciario.


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